Archive for June, 2006

Crush

special

(Cercare un posto dove) lavorare stanca

Oggi sono andata al mio secondo colloquio di lavoro in due settimane. Pare che Almalaurea serva a qualcosa, dopotutto, e finché chiamano loro e io non mi devo sbattere va bene così, anzi, mi sembrerebbe vagamente maleducato non andare.

Il colloquio della settimana scorsa era una bufala, nonché uno di quei colloqui collettivi estremamente moderni in cui mettono una decina di candidati (tutte ragazze, e tutte recentemente venute in possesso di lauree inutili come filologia mediolatina, pedagogia tardoadolescenziale applicata, letteratura slava, una addirittura in storia della chiesa, che mi sono sempre chiesta: ma dopo la controriforma, che diavolo mai ci sarà da dire?!), dicevo, mettono una decina di candidati attorno ad un tavolo e li fanno giocare ai finti manager: "Vi presento questo problema immaginario. Immaginate di essere dipendenti della nostra azienda e immaginate di tenere un meeting immaginando discutendo immaginariamente fra voi le possibili soluzioni." Utilità?

Peraltro il problema che ci hanno sottoposto riguardava il naufragio di una nave da crociera non lontano da un'isola deserta. Bisognava scegliere quale oggetto, fra quelli contenuti in una lista, si riteneva il più utile da portare con sé sulla scialuppa di salvataggio: io ovviamente mi sono rifatta alla grande esperienza di vita accumulata con una stagione e mezza di Lost, e ho suggerito la radio. Sono finita a fare il relatore di minoranza, perché la maggioranza ha scelto il kit del pronto soccorso. Una tizia continuava ad insistere di portare il cane, non so perché, forse per mangiarlo.

Per di più, il colloquio era per (ma questo per telefono non te lo dicono, devi andare lì di persona perché ti informino che sei stato buggerato) uno stage (ma pronunciato alla francese, staaasg) simbolicamente retribuito e senza la benché minima prospettiva di assunzione, fosse anche immaginaria. Puah.

Quello di oggi invece sembrava più serio. Compagnia di assicurazioni. Sono arrivata in ritardo, perché ho aspettato trentacinque minuti l'autobus per non fare due fermate a piedi. Non è da me, ma faceva caldo e la strada era in salita. Comunque l'attesa non è stata vana, perché ho assistito ad un siparietto estremamente educativo: una ragazza poco lontano da me ha cominciato a colpire un vecchietto con un sacchetto della spazzatura (pieno). Il vecchietto evidentemente insisteva, perché lei l'ha sbattuto contro un muretto e ha attaccato a prenderlo a calci. Non sentendomi di mettermi in mezzo, ho avvertito un signore che transitava lì accanto il quale mi ha spiegato che si tratta di una scena ricorrente, sono marito e moglie. Ah, l'amour!

Comunque sono arrivata in ritardo e ho accampato scuse puerili. Mi hanno fatto aspettare su di un pouf per qualche minuto, poi mi hanno traslata in un ufficio completamente trasparerente lasciandomi lì per un po' con l'evidente scopo di intimidirmi. Missione fallita, perché poi sono entrate due esaminatrici dell'apparente età di vent'anni scarsi, una delle quali con la faccia da Topo Gigio. Una parlava e l'altra ascoltava (quella con la faccia da topo). Devo riconoscere che quella parlante sapeva il fatto suo, e sorrideva di tre quarti come chi ha una certa pratica del suo lato migliore. Il colloquio è durato una ventina di minuti, e non so come ad un certo punto mi sono ritrovata a dire che nella mia famiglia siamo quasi tutte donne ma ci riproduciamo poco. Hanno riso molto, non so se sia un bene.

Novocaine for the soul

Mi cito da sola (dal post del 19 aprile):

"Sono sicura che andrà tutto bene, tutto quanto."

E invece è andato tutto di merda. A quanto pare il mio sesto senso fa schifo.

Tengo duro, per una volta. Per capire, o almeno provarci. Ma fa un male cane. Qualcuno mi darebbe della novocaina per l'anima?

 

 

il blog è morto, viva il blog

R.I.P.   ?

il tempo vola…

…quando ci si diverte? ma anche quando si ha tanto da fare. così le due settimane di astinenza da blog che mi ero imposta ai primi di maggio sono diventate in quattro e quattr'otto quasi un mese, e la voglia di scrivere non è ancora tornata. sarà che le cose continuano a procedere a sobbalzi, fra i pomeriggi sonnacchiosi al lavoro, nascosta nel retro a studiare per l'esame d'inglese (che è il FCE, non il TOEFL, chissà come mi era venuto in mente) e le mattinate con gli occhi arrossati dalle troppe ore passate a contare le gambette delle emme o i segni di nasale; fra le mie disastrose lezioni di guida e i tentativi di disinfettare gli avambracci martoriati dal cucciolo nuovo; fra un rosario e un funerale, perché pare che questa merdosissima tornata di sfighe e tristezze e gastriti da angoscia non voglia proprio passare più; o sarà che l'impulso di gioia solitario che di tanto in tanto mi fa produrre una pagina è frutto di misteriose alchimie chimiche e oscure congiunture astrali, e il miracolo in questi giorni proprio non vuole succedere.

sto scrivendo a cazzo, senza neppure rileggere. ho anche abolito le maiuscole, così mani e pensiero vanno a tempo, e non devo neppure fare lo sforzo cosciente di elaborare una frase, lascio che le parole si vomitino fuori dalla testa come spazzatura, come uno starnuto. scrivo per riempire uno dei tanti spazi bianchi che mi lascio attorno, che denunciano la mia mollezza e la mia pigrizia come dita puntate.

se c'è l'art pour l'art, ci sarà pure l'écriture pour l'écriture, mi dico. a volte penso che per scrivere qualcosa di interessante, di talentuoso, non è affatto necessario avere un'idea, ma basterebbe riprodurre fedelmente la realtà così come viene, perché a osservarla con il dovuto scrupolo c'è dentro talmente tanto che non basterebbe una recherche a raccontare una settimana. allora mi riprometto di raccontare, un giorno o l'altro, della signora b. che ha le labbra a canotto, più soldi di quanti io ne possa immaginare, e due figli "con disturbi emotivi" che ama e odia e la fanno vergognare, perché uno urla e sbraita e l'altro abbraccia gli sconosciuti; o del vecchio console inglese che non si regge più sulle gambe ma cammina e cammina con una mano sulla fronte e l'altra a reggersi contro il muro, e compra per la sua signora che non so nemmeno se c'è più; o la vecchietta col figlio che non se ne va più di casa e la costringe ad andare in vacanza e per funghi finché non gli schiatterà sotto il naso. o del regista che insegna alla ucla che dalla vita ha avuto tutto, anche un cuore ad orologeria che si sta gonfiando come un palloncino. o del professore che tiene in vita la sua gatta anche se soffre e miagola e non ne può più perché ha già ucciso sua moglie dieci anni fa, e ora sulla vita e la morte non vuole più metterci le mani.

racconterò delle signore perbene che comprano il tiglio per gli attacchi di panico, e delle anziane coppie che si tengono strette per i gomiti per difendersi dal resto del mondo. e della ragazza indiana che è venuta in italia per farsi tiranneggiare da una matrona di albaro e riempire di botte dal marito. e dell'infermiere dello sri lanka che ha sempre su la bombetta e ride, e non si offende se tutti gli danno del tu. della mia macchina con le ruote lisce, del mio gatto grasso e con le zampe storte, della mia famiglia che perde pezzi per strada e si guarda rimpicciolire.

ma per il momento non mi va proprio di scrivere niente.